venerdì 4 gennaio 2013
lunedì 9 maggio 2011
martedì 25 gennaio 2011
Il pittore sorridente - Parte I
A volte il dolore inizia con due punti esclamativi.
Consecutivi, rapidi, scolpiti, razionali.
Cosi razionali da far pensare bene, anche se non puoi pensare bene quando va tutto bene.
La ragione impone i suoi tempi che l'istinto del dolore non contempla. E allora capita che non ho capito.
Mi spiace, ma non ho capito che era doloroso. Mi è sembrata anzi piacevole quella doppia rimarcazione, pareva l'attesa goduriosa di una bella notizia.
"Te lo scrivo, cosi puoi iniziarne a godere"
"Si ti ho detto di chiamarmi subito, ma non ubbidirmi subito".
"Prova a pensare le cose piacevoli che posso dirti, cosi quando ti dirò proprio quella a cui non hai pensato ti piacerà ancora di più"
Non era questo che volevi dirmi con quel 'Chiamami!!'?
No.
E dopo, l'inferno.
Non so fare altro che questo, scusa.
Ma a me viene in mente questo, scusa.
Una canzone, scusa.
Leggera e sorridente come lui, scusa.
Io ti chiedo scusa, ma tu...tu non usare più punti esclamativi.
O almeno QUEI DUE punti esclamativi.
Forza pittore sorridente. Forza.
Forza!!
lunedì 17 gennaio 2011
domenica 5 dicembre 2010
sabato 11 settembre 2010
miss u, zena
Io ogni tanto, in un posto piccolo, mi chiedo quale sia il mio mondo.
venerdì 20 agosto 2010
E mo?
Two roads diverged in a wood, and I – I took the one less traveled by
venerdì 11 giugno 2010
Rifugio dei sempre, l'ipocrisia dei mai
Finalmente mi posso permettere di dormire in mutande.
mercoledì 9 giugno 2010
domenica 16 maggio 2010
giovedì 13 maggio 2010
Caro il mio Francesco
"caro il mio Francesco è il momento dei saluti so che mi son fatto prendere la mano e allora vado avanti a cantare della vita Allora a 50 anni sa ANCORA incazzarsi? Meno male. Ah dimenticavo.. Promette di essere bellissima. No no, lo è.
ci avremmo riso sopra se ne avessimo parlato
lo so che non ha senso starsi a lamentare
di alcune conseguenze del mestiere
perché uno sfogo fa sbagliare spesso la misura
ma come ti dicevo son le quattro del mattino
l’angoscia e un po’ di vino
sempre e solamente per come io la vedo"
lunedì 29 marzo 2010
Mah...
Ma uno con la serie 1 può essere un poeta?
martedì 23 marzo 2010
giovedì 11 marzo 2010
sabato 27 febbraio 2010
Elton John e gli Ogoni parte 1
Stasera voglio raccontarvi una storia. A modo mio.
Dovrei pisciare prima, ma me la tengo. Me la tengo perchè non c'è tempo da perdere.
E poi perchè sono un rimandapiacere. Godo dell'attesa del piacere, mai del piacere stesso. Maledetto me.
Torniamo alla nostra storia.
Ci sono voluti 5 tentativi per ucciderlo. 4 fallite impiccagioni e lui che continuava a ripetere ai boia:'Perchè fate questo a me'?
A pochi passi il mare.Occhi fieri e uno che fa fatica a non sorridere. Mi da questa impressione.
Uno stanco di avere pochi motivi per sorridere. Intelligenza e senso del dovere. Uno che non ha bisogno della cravatta per avere carisma.
Uno che sa. Sa che dovrà morire. Sa che morirà perchè sa e dice.
E' inventore della prima sitcom africana. Nello stesso periodo in cui in italia c'era casa vianello.
Una sitcom africana mi suona come un cactus in alaska.
Come un africano dal nome giapponese. Come una nazione piena di petrolio che deve importarlo perchè non ha raffinerie.
Si chiama Ken Saro-Wiwa quest'uomo che vale 15 milione di dollari. E un calcio in culo all'indifferenza.
Ken fa parte dell'etnia degli Ogoni, popolazione autoctona del delta del Niger.
Il Delta del Niger è pieno di petrolio. E di brava gente che vive di poco.
Combinazione fatale.
Ken ha studiato, ha avuto ottimi risultati a scuola e si riconosce subito nella figura di un intellettuale attivista.
Capisce tutto, e capisce che deve farsi capire da tutti. Per questo passa dalla poesia, alla prosa, alla tv, alla musica. All'arte. Dalla pittura alla danza.
Intanto la sua popolazione mangia gli scarti della raffinazione del petrolio. Si intossica. E non ha nulla in cambio.
Il suo ecosistema viene spazzato via dalle frequenti fuoriscite di petrolio nel delta. Da continui incidenti che ammazzano gente sfruttata.
Acque contaminate, terra avvelanata. Gente che vive di acqua e di prodotti della terra.
Ken Saro inizia a fare paura quando inizia a denunciare queste azioni a tutto il mondo. Inizia a far paura perchè sorride.
Inizia a fare paura quando si capisce che può attirare simpatie. Può accendere un vecchio riflettore sui profitti che compagnie petrolifere come la shell stanno facendo sulla pelle degli Ogoni e le altre popolazioni del delta.
Ken non vuole che la shella vada via. Vuole che il petrolio si trasformi in scuole, in strade, in ospedali, in libri, in piazze, in fontane. Non dell'America o dell'Europa.
Ma delle Nigeria.
Saro aveva già portato alla ribalta mondiale una delle tante tragedie africane: la guerra del biafra.
L'immagine che tutti noi abbiamo di quel genocidio, ossia quella del bambino con le gambe e braccia scheletriche e la pancia gonfia, la dobbiamo a lui.
Grazie al suo primo romanzo, Sozaboy.
Vado a dormire. E a pisciare prima. Anzi no me la tengo perchè domani, dato che mi devo svegliare alle 5, al primo suono di sveglia mi alzerò e non correrò il rischio di rimandarla fino alle 6.
Perchè dovro pisciare subito.
Vi lascio con una canzone. Guai non fosse cosi.
E' tratta da un film: Almost Famous. E' una canzone che parla di riconciliazioni e che mi fa stare bene.
Che ti fa abbracciare.
Ci vediamo presto. Molto presto.
mercoledì 27 gennaio 2010
Memento
Quando penso alla mia memoria, mi viene in mente una zebra che però dimentico subito.
Ho una memoria stupida, ma non dimentico le stupidaggini.
Come un articolo stupido su un giornalino stupido di una classe stupida.
Questo articolo stupido era insieme ad un altro articolo stupido che sollevò delle polemiche stupide su gite stupide.
E questo articolo parlava stupidamente della shoah.
Sono stati davvero gli 'ultimi giorni'?
Che stupida domanda.
La verità è che: Ragazzi non c'è tempo!
martedì 22 dicembre 2009
venerdì 18 dicembre 2009
lunedì 7 dicembre 2009
mercoledì 2 dicembre 2009
Salsicce, finocchietto e un amore assurdo.
Ah se me l'avessero detto di dover tornare.
lunedì 30 novembre 2009
Si vabbè...ma che ci sia il mare
Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.
Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.
Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.
Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E' anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l'Alitalia non si metta in testa di fare l'azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell'orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d'altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l'unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.
Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po', non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato - per ragioni intuibili - con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all'infinito, annoiandoti e deprimendomi.
Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.
Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.
Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.
Preparati comunque a soffrire.
Con affetto,
tuo padre
L'autore è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli.
(30 novembre 2009)
lunedì 16 novembre 2009
Basta amarsi
Vocativo. Non so da quanto tempo non sentivo questa parola.